Le origini
L’inizio del lavoro a maglia non ha una datazione certa. Certo è che
questo argomento, recentemente rivalutato, ci offre notizie sicure e documentate
solo verso il IV secolo d.C. che hanno fatto ipotizzare che il lavoro a maglia
fosse ormai entrato nella vita quotidiana, come dimostra una statua greca, che
si trova ad Atene, nel Museo del Partenone, che sembra indossare un maglione
come quello dei nostri tempi. Pur non avendo documenti specifici al riguardo,
ad una osservazione attenta, si può notare che l’artista ha riprodotto
con lo scalpello la lavorazione del punto a coste – 3 maglie diritte alternate
a tre rovesci oppure un’alternanza di 7 diritti e tre rovesci – nelle vesti
senza cuciture che venivano indossate durante le cerimonie sacre. Da tener presente
che il numero tre e il numero sette erano considerati numeri dal potere magico.
Solo nell’epoca cristiana è possibile esaminare il primo reperto di lavoro
a maglia, analizzandone la struttura e i colori. È probabile che manufatti
più antichi non abbiano resistito all’usura del tempo o, più semplicemente,
siano stati riciclati più volte, visto che uno dei pregi maggiori del
lavoro a maglia è proprio quello di poter essere disfatto e impiegato
per altri utilizzi. Il reperto che venne alla luce in Siria, tra le rovine di
Dura-Europas, presenta una tecnica molto simile a quella usata quando si lavora
con il ferro circolare oppure con i due ferri tenuti liberamente tra le mani
(e non sotto l’ascella destra). Tuttavia, si propende per la teoria che il frammento
di Dura non sia stato lavorato a maglia ma con la pia arcaica tecnica del naalbinding:
un solo ferro, uncinato sulla punta, come l’uncinetto tunisino, strumento tipico
di lavorazione manuale, più semplice e più antico del lavoro a
telaio, che era molto diffuso nell’area mediterranea. L’aver trovato molti reperti
soprattutto nell’area medio-orientale fa propendere per una origine indo-europea
del lavoro a maglia, ciò è suggerito anche dal termine sanscrito
“nahyat” (lavoro a maglia ma anche rete all’uncinetto) da cui deriva
il termine anglosassone “ketten” fino ad arrivare al termine in inglese
moderno “knitting”. Sono stati trovati reperti anche in Perù,
quasi contemporaneamente al primo reperto siriano, ma è senza dubbio
la tradizione mediterranea quella che si è diffusa in tutta Europa. In
Egitto, a Bahnasa, sono stati trovati numerosi capi lavorati a maglia che si
fanno risalire al IV e al V secolo.
L’origine dei punti irlandesi
I maglioni irlandesi, o Aran, hanno generato varie leggende. La città
di Bahnasa era in quel periodo abitata dai Cristiani Copti scampati all’invasione
degli Arabi e avevano trovato rifugio presso i monasteri delle coste e delle
isole irlandesi, come testimoniano i simboli copti e altri disegni tipici del
periodo egiziano innestatisi sulla tradizione locale, fondendosi con i motivi
celtici della regione. In queste zone la maglia perse la vivacità dei
colori ma acquistò nella straordinaria varietà di punti che, eseguiti
con la grossa lana non ritorta e non tinta delle isole Aran, riprodussero i
più importanti disegni considerati tutti simbolici e beneauguranti. Venivano
creati generalmente su un fondo a rasato rovescio sui quali spuntavano i boccioli
dell’albero della vita, il movimento dell’acqua della sorgente della salvezza
con motivi di maglie diritte, il diamante dell’abbondanza in forma di losanghe
a grana di riso, le linee a zig-zag del matrimonio. Quando il segreto di questi
punti uscì dalle celle dei monaci furono insegnati ai pescatori, e divennero
altrettanti simboli delle famiglie locali: ogni clan aveva il suo riferimento
in una serie di punti. Quando due gruppi, attraverso il matrimonio, si imparentavano,
la nuova famiglia ereditava i punti dei due clan di provenienza e in questo
modo i punti Aran si diffusero nelle famiglie irlandesi. In questa regione ad
eseguire i maglioni erano gli stessi pescatori, mentre alle mogli veniva delegato
solo il compito di filare la lana. Il vescovo Richard Rutt, in “A History
of Handknitting”, racconta tuttavia una storia radicalmente diversa. Per
iniziare nota come non esistano testimonianze dell’esistenza di maglioni Aran
precedentemente al 1900. Prima di questa data, è assodato (come dimostrano
fotografie e altri reperti iconografici) che i pescatori irlandesi indossavano
maglioni simili a quelli prodotti nelle isole della Manica (Jersey o Guernsey):
sostanzialmete privi di trecce complesse e in filato blu scuro. I maglioni Aran
cominciano ad apparire in dipinti, disegni, fotografie e filmati, solo a partire
dagli anni Venti. Rutt nota anche come gli Aran riprendano la forma sostanziale
dei maglioni delle isole della Manica, ma ne modifichino la costruzione, che
non avviene in un solo pezzo senza cuciture, bensì nella maniera più
abituale in quattro pezzi (davanti, dietro e due maniche) cuciti tra loro. Inoltre,
i motivi Aran riprendono i motivi a trecce e noccioline tipiche della maglia
tirolese. Mediante una serie di ricerche e interviste, Rutt riesce ad identificare
l’origine dei maglioni Aran in una famiglia emigrata anche negli Stati Uniti
nei primi anni del XX secolo, dove avrebbero appreso le tecniche tirolesi dai
vicini di casa ed amici, riportandole in Irlanda alla fine della loro avventura
americana. Lì, le nuove tecniche avrebbero trovato una vasta eco, tanto
da diventare estremamente popolari, mentre i maglioni Aran perdevano la fattura
circolare su ferri a due punte e iniziavano a venire prodotti in pezzi separati,
in lana più soffice e meno resistente e di color bianco.
La varietà dei punti nel resto dell’Europa
I punti importati dalle coste mediterranee nel diffondersi nel resto dell’Europa
persero la staticità dei simboli e dei colori e si moltiplicarono, dando
vita ad incredibili risultati. Essi riprendevano la realtà e gli elementi
dei luoghi vissuti (fiori, stelle, alberi) nei punti a rilievo e nei punti traforati.
A diffondere questi punti per tutta l’Europa furono i mercanti che percorrevano
le rotte carovaniere. Il filato utilizzato era quello di lana o, per gli egizi,
il cotone. Quando, in epoca più avanzata, venne importata la seta dall’Oriente,
questa divenne il tipo di filato preferito dai papi e dai re. Vennero realizzati
capi molto preziosi arricchiti spesso da fili d’oro che si univano al filato
di seta. Dall’epoca romana e anche per tutto il Medioevo fino al primo Rinascimento
vennero realizzate delle armature in maglia metallica; tuttavia queste armature
avevano solo una superficiale somiglianza con la maglia: il metallo non veniva
certo lavorato a ferri, ma piuttosto veniva trafilato e lavorato in anelli singoli,
intrecciati tra loro prima di essere chiusi. Inoltre, solo alcune armature,
le più pregiate, erano prodotte con questa tecnica, dato che erano usate
anche armature composte di cuoio bolito e borchiato o coperto di scaglie di
metallo cucite, ovvero armature di piastra metallica.
Curiosità
Quando Papa Innocenzo IV venne sepolto nel 1254, indossava dei guanti a disegni
multicolori lavorati in seta e filo d’oro, importati dalla Spagna. La Spagna
ebbe una delle più importanti scuole per il lavoro a maglia e raggiunse
il suo massimo splendore nel XVI secolo: era famosa appunto soprattutto per
la lavorazione dei guanti in seta e fili d’oro. Quando Enrico II di Francia
nel 1533 sposò Caterina de’ Medici, indossava calze di seta fatte a mano.
Enrico VIII d’Inghilterra sembra preferisse le calze di seta italiane, lavorate
con quattro ferri senza cuciture.
Testimonianze di lavori a maglia attraverso i dipinti
Certamente un capo che veniva indossato da un membro della casa reale veniva
imitato. Infatti possiamo ammirare nei quadri di Hans Holbein il Giovane e di
altri pittori della sua scuola, che ritraggono nel corso degli anni la famiglia
dei Tudor, col il medesimo berretto, lavorato a maglia rasata, che rimase di
moda per un secolo. Il quadro che più fedelmente è testimone dell’apprezzamento
del lavoro a ferri da parte dei pittori è la pala dell’altare di Buxehude
in Germania, nota come “La visita degli Angeli”, dipinta da Mastro
Bertram nel 1400, nel quale viene rappresentato un momento di vita familiare
all’interno della casa di Nazaret. Nel dipinto si può osservare la Madonna
intenta a sferruzzare una piccola tunica “inconsutile”, cioè
senza cuciture, per Gesù Bambino rifinendo la scollatura col sistema
circolare a quattro ferri, sistema ancora sconosciuto in quei tempi in Germania,
ma osservato dall’artista durante un viaggio in Italia.
La tecnica del lavoro in tondo
La tecnica del lavoro in tondo, oltre che in Italia, era conosciuta anche nelle
lande della Francia del Sud dove i pastori lavoravano usando cinque ferri e
nelle isole britanniche Guernsey dove i maglioni sono lavorati in un solo pezzo,
senza cuciture e nel nord, nell ‘area delle Shetland, dove i maglioni con tecnica
Fair Isle, dall’Isola di Fair, vengono lavorati (con una tecnica simile a quella
usata nei paesi nordici) a jacquard multicolore, con un motivo tradizionale
a “X” e “O”, circolarmente fino alle spalle, e in seguito
tagliati per fare posto agli scalfi delle maniche e al collo (steeking).
I punti delle isole britanniche Guernsey
Molto simili ai punti dei maglioni delle isole Aran, sono quelli dei maglioni
Guernsey con la differenza che sono eseguiti, invece che con lana grossa, con
lana sottile di colore scuro e basati sulla diversa combinazione dei diritti
e dei rovesci dove l’effetto del rilievo è appena accennato. Secondo
una legenda, man mano che si procede nel lavoro i punti sono disposti dal basso
verso l’alto in modo da ricostruire, in forma simbolica, le tappe della vita
dell’uomo, dall’albero della vita alla corona della gloria. Un’altra leggenda
riguarda il fatto che i punti abbiano un valore simile a quello del tartan scozzese,
che identitificava le varie famiglie. In realtà la scelta dei punti da
usare era dettata puramente dalla tradizione, che aveva caratteristiche regionali
ma non famigliari, e dal gusto, del tutto privo di implicazioni simboliche.
Lo stile detto Guernsey è legato ad un momento non lieto della storia
della monarchia inglese e precisamente alla decapitazione di re Carlo I. La
tunica che Carlo I indossava al momento dell’esecuzione capitale avvenuta nel
1649 era lavorata in maglia di seta color blu reale ed era stata commissionata
in Italia secondo lo stile e i punti Guernsey.
I punti delle isole Shetland
I motivi dei maglioni delle isole Shetland, lavorati nei colori naturali delle
terre, dal panna al marrone scuro, sono maggiormente stilizzati e accostati
ai motivi significativi delle terre scandinave come la stella di ghiaccio e
la felce e possono essere realizzati in due versioni: una colorata e più
vicina ai motivi delle altre isole e un’altra traforata più caratteristica
di queste isole.
La culla del lavoro a maglia: la Gran Bretagna
Anche se il lavoro a maglia non ebbe origine in Gran Bretagna, qui esso fu
sempre tenuto in grande considerazione ed ebbe un fortissimo sviluppo. Quando
il reverendo Guglielmo Lee, inglese, inventò la prima macchina per maglieria,
la regina Elisabetta I impedì che sotto il suo regno venisse utilizzata
e l’inventore dovette emigrare in Francia.
La corporazione dei magliai
La regina aveva infatti a cuore la sorte degli artigiani magliai che in quel
periodo si erano organizzati in corporazioni con un preciso statuto. Per diventare
magliaio bisognava seguire un corso di apprendistato della durata di tre anni
e nei tre anni che seguivano bisognava produrre delle prove che attestassero
l’abilità personale. Era infatti obbligatorio saper eseguire un grande
tappeto a più disegni e colori, un paio di calze, un berretto, una tunica
o un maglione dimostrando di aver appreso bene tutte le tecniche. Le corporazioni
erano riservate solamente agli uomini ma anche le donne lavoravano a maglia
alternandolo con il lavoro domestico e quello nei campi. In un museo del Galles
sono conservati degli attrezzi a forma di coltelli incurvati che venivano infilati
nella cintura e servivano a reggere il ferro destro che veniva inserito in un
tassello all’estremità superiore. Ma il progresso incalzava e il fratello
del reverendo Lee ripropose con maggior successo l’uso della macchina per maglieria
e già alla fine del 1600 si possono annoverare numerose macchine per
maglieria nella zona di Nottingham che si estenderanno presto per tutta l’Inghilterra.
Alcuni francesi, inviati appositamente a Nottingham per carpire il segreto della
nuova macchina riuscirono a ricostruire perfettamente il modello.
Joseph-Marie Jacquard
Verso la fine del 1700, Joseph-Marie Jacquard realizzò un apparecchio
da applicare sui telai da tessitura che dava la possibilità di ottenere
disegni molto complessi. Il telaio Jacquard divenne famoso, andando a rivoluzionare
la produzione nell’industria tessile, il nome Jacquard è impropriamente
passato ad indicare tessuti di maglieria con disegni complessi e colorati, ma
anche i punti a più colori lavorati a mano.
I secoli del bianco assoluto
Nel 1700 e nel 1800 si continuò a lavorare a ferri ma i colori vennero
abbandonati. Divenne di moda il colore bianco e soprattutto i filati di cotone
e di lino che ben si prestavano per realizzare corredi per neonato, sciarpe
leggere e traforate, bordure e magliette. In Francia nasce la cuffietta di cotone
bianco che diventa parte fondamentale del costume contadino e si realizzano
berretti di ogni varietà. Vengono utilizzati i punti traforati e leggeri
simili a veri e propri merletti. Si lavora a ferri non tanto per professione
ma per il piacere di realizzare con le proprie mani qualcosa di bello. Quest’epoca
quindi viene ricordata perché è solo ora che il lavoro a ferri
diventa anche un “hobby”.
Le perline colorate
Nel Settecento a Vienna nasce la moda di infilare delle perline colorate nel
cotone bianco lavorandole sempre sul diritto del lavoro in modo da formare dei
disegni simili a piccoli arazzi. Ciò comportava una certa difficoltà
e precisione nell’inserimento delle perline che dovevano essere infilate ad
una ad una prima di iniziare il lavoro perché i colori dovevano tener
conto della disposizione finale del disegno.
Le prime riviste di maglia
In Inghilterra nascono nell’Ottocento le prime riviste di maglia che saranno
presto imitate in tutta Europa. Anche in Italia compaiono le prime rubriche
di maglia sul “Corriere delle dame” e in altri giornali soprattutto
rivolti al pubblico femminile.
La prima collezione
A Parigi negli anni Venti viene presentata dalla famosa sarta Elsa Schiaparelli
una collezione di modelli “trompe l’oeil” tutti realizzati ai ferri
che ebbe un grande successo.
Alla fine della seconda guerra mondiale
Alla fine della seconda guerra mondiale il lavoro a maglia si diffonde per
il mondo conoscendo veri momenti di gloria e soprattutto nell’ambiente sportivo
va di moda lo stile inglese dei maglioni Fair Isle che verranno indossati dalla
stessa regina e dai suoi familiari. Le fotografie della famiglia reale in maglione
verranno pubblicate su tutti i giornali creando presto una diffusa imitazione.
Il Novecento e il “boom” della maglia
L’industria della maglieria è ormai pienamente avviata e diffusa e nascono
nuove tecniche, come l’avvio tubolare, molto usato in Italia. Negli anni Sessanta
si assiste ad un vero “boom” della maglieria a mano e le riviste,
sempre più numerose, riportano le spiegazioni dei punti e dei modelli.
Alla fine del decennio e per i successivi anni Settanta il lavoro a maglia conosce
un ritorno alle origini. In quegli anni era aperto il dibattito sulla cultura
popolare e lo stile folk entrava prepotentemente nell’abbigliamento. Con l’ingresso
prepotente dei fatti riguardanti i suda mericani sulla scena politica, iniziarono
a nascere modelli che imitavano il poncho e sui gilet apparvero i motivi peruviani
dei lama e degli omini stilizzati. Con l’inizio della moda del “fai da
te”, le principianti scelgono filati grossi e punti facili per eseguire
modelli diritti, evitando aumenti e diminuzioni e preferendo modelli ampi e
comodi. Nel 1990 la maglia subisce la riscoperta di punti complessi e spesso
reinventati per creare qualcosa di particolarmente ricercato e bello. Oggi
la maglia è più che mai di moda e le tecniche usate, ripensate
solo pochi anni fa, sono tantissime e le incredibili combinazioni tra il vecchio
e il nuovo rendono la ricerca inesauribile.
Gli strumenti di base: i ferri
Gli strumenti di base dei lavori a maglia sono i ferri, in diversi materiali
la cui scelta dipende dal gusto personale: acciaio, alluminio, plastica e legno.
La lunghezza dei ferri tradizionali a una punta può variare dai 20 agli
80 centimetri a seconda del capo che si vuole confezionare. I ferri a due punte
per la lavorazione circolare hanno lunghezze che variano dai 15 ai 35 cm.
I ferri circolari possono essere lunghi da 30 a 150 cm. I ferri per il
lavoro a maglia hanno un numero che corrisponde al loro diametro, più
sono sottili, più il numero è basso. Le misure possono variare
dai 2 ai 20 millimetri con una numerazione che procede ogni mezzo numero. Il
numero 2 è il più sottile; i ferri più usati per lavori
in filato di media grossezza sono i ferri n. 5 e n. 6.
I ferri si possono dividere in tre categorie:
- ferri a una punta, servono per i pezzi base da lavorare
separatamente (davanti, dietro, maniche, colli, tasche, pannelli, inserti,
ecc.) e che hanno all’estremità opposta un pomellino per non far scivolare
le maglie; - ferri a due punte, per lavorare capi in tondo, come guanti,
calze, colli o berretti, senza dover fare cuciture; - ferri circolari, per realizzare lavori di forma tubolare,
per certi tipi di collo o per capi che non richiedono cuciture, tuttavia il
ferro circolare può anche essere utilizzato (e alcuni lo trovano più
comodo) per realizzare i capi a più pezzi; inoltre, è indicato
per lavorare capi di dimensioni molto vaste, come gli scialli.
Tipici capi che non richiedono cuciture sono ad esempio i pullover originali
dell’Isola di Fair e i maglioni da pescatore inglesi (Gansey).
I ferri (o aghi da lana) hanno differenti misure a seconda dei vari paesi, e questo potrebbe creare confusione specialmente per i principianti.
Donna che lavora a maglia, di Adolphe Bouguereau
Gli accessori
Oltre ai ferri, è necessario avere a portata di mano altri strumenti:
- un paio di forbici per tagliare i fili;
- aghi da lana per cucire, con punta arrotondata (ora realizzati anche in
plastica e con un comodo occhiello per far passare anche filati grossi); - un metro per misurare;
- un uncinetto per raccogliere i punti ed eseguire le rifiniture.
Accessori facoltativi
- proteggi-punte, un piccolo cappuccio di gomma da infilare sulla punta dei
ferri per non far sfuggire le maglie quando il lavoro viene lasciato in sospeso; - contagiri, una sorta di “contachilometri” manuale, della grandezza
di 1–2 cm, che serve per tenere il conto del numero dei ferri lavorati; - ferri ausiliari, cioè piccoli ferri dritti, curvi o a forma di “J”,
aggiuntivi a quelli necessari alla lavorazione, utilizzati per realizzare
incroci di maglie e trecce; - spille da balia o barrette chiuse ai due estremi da cappucci rimovibili
per trattenere le maglie aperte che si lasciano in sospeso (per la realizzazione
di colli, tasche, occhielli ecc.); - portagomitoli, grembiuli porta lavoro, cestini porta lavoro, per tenere
il lavoro pulito e ordinato. - bobine per tenere i fili separati nelle lavorazioni a colori con la tecnica
dell’incastro o intarsio; - graffette, una sorta di clips in plastica utilizzate per segnare punti chiave
durante la lavorazione (es. aumenti, diminuzioni, incroci, ecc.) o, più
frequentemente, per marcare lo sviluppo verticale del lavoro; - anellini marcapunti, che possono essere semplici di plastica, di metallo
con piccoli pendenti (e che possono essere sostituiti da minuscoli elastici
per capelli, piccoli cappi di lana in colore contrastante e così via),
che vengono infilati direttamente sul ferro, anziché sul filo, e che
scorrono con il lavoro; questi vengono usati per marcare aumenti, diminuzioni
e ripetizioni dello schema di punti o di colori.
In ogni caso, è buona abitudine tenere a portata di mano carta e penna
per eventuali conteggi, promemoria, ecc.
I filati
Per la lavorazione a maglia, si possono usare diversi tipi di filato:
- quelli derivati da fibre vegetali: lino, cotone, canapa, juta, agave, cocco,
bambù ecc.; - quelli derivati da fibre animali: lana, seta, alpaca, cammello, angora,
vigogns; - quelli artificiali, derivati da materiali naturali vegetali o naturali:
Rayon o Viscosa; - quelli derivati da fibre sintetiche: poliammide, poliestere, nylon, acrilico.
Le fibre vegetali
I primi filati ad essere utilizzati furono quelli derivanti dalle fibre vegetali
come:
- il lino, coltivato dagli Egiziani fin dal V millennio a.C. e ricavato dalla
macerazione delle fibre della pianta omonima; - il cotone, che fu introdotto in Sicilia già nel IX secolo, si diffuse
in Europa verso il 1300.
Le fibre animali
La filatura della lana si sviluppò invece dopo quella delle fibre vegetali
e furono gli Assiri e i Babilonesi a scoprire l’arte della lavorazione di questo
materiale, arte che si diffuse rapidamente in tutto l’Occidente. Dopo l’anno
Mille, fu l’Italia a distinguersi per la produzione della lana, soprattutto
per i prodotti provenienti da Firenze. Durante il Medioevo il commercio della
lana rappresentò il settore più redditizio dell’economia inglese.
Dalla metà del Quattrocento, il re d’Inghilterra decise che il mercato
della lana dovesse svolgersi in una sola città e a tale scopo venne nominata
Calais, situata sulle coste francesi del canale della Manica. La supremazia
dei mercanti inglesi durò fino a quando si impose sul mercato la “Compagnia
dei Mercanti Avventurieri” che commercializzava tessuti ottenuti da lana
inglese, ma lavorati nei Paesi Bassi e nelle Fiandre grazie alla diffusione
del telaio meccanico. Quanto alla seta, ricavata dal filamento del bozzolo del
baco da seta, la cui lavorazione si praticava già nella Cina del 2600
a.C. circa, era già nota ai romani, che importavano pezze e filo. L’allevamento
del baco da seta fu introdotto in Europa in epoca medievale ed è stato
praticato soprattutto nel nord Italia e particolarmente nella zona di Como.
Oggi in commercio vi sono vari tipi di filati che si possono ottenere dalla
tessitura di fibre naturali, animali o vegetali oppure chimiche, artificiali
e sintetiche.
Consigli
Tenui filo magnum texitur opus: “un capolavoro nasce da un filato
raffinato”
Bisogna scegliere il filato in base al tipo di lavoro che si vuole eseguire,
preferendo lane di buona qualità e che abbiano sull’etichetta lo stesso
numero di bagno che di solito affianca il numero di colore. Se la lana acquistata
è in matasse bisogna dipanarla, possibilmente con un arcolaio, altrimenti
ci si può servire degli schienali di due sedie messi l’uno contro l’altro.
Per lavorare con i ferri tradizionali senza affaticarsi, è necessario
sedersi su una sedia con schienale rigido e senza braccioli, se invece si preferisce
usare i ferri circolari, al loro maneggevolezza rende possibile lavorare praticamente
in qualsiasi posizione, compreso a letto; è anche bene lavorare in un
luogo ben illuminato e fare ogni tanto una pausa, badando però a non
lasciare il ferro a metà per evitare che, alla ripresa, le maglie risultino
irregolari. Utile è avere a portata di mano un block notes sul quale
riportare gli aumenti, le diminuzioni e le lavorazioni fatte, in modo tale da
sapere sempre in quale punto è stato interrotto il lavoro. Non meno importante
è misurare spesso il capo appoggiandolo sempre su un piano, senza tirarlo
né in orizzontale né in verticale. Per misurare è consigliabile,
quando possibile, usare una riga rigida anziché un nastro da sarta.
Donna che lavora a maglia, di Anders Zorn
Glossario
- Accavallare: passare una maglia dal ferro sinistro a quello destro, lavorare
la maglia seguente e con il ferro sinistro entrare nella maglia passata e,
con un movimento da destra a sinistra, farla passare sopra la maglia seguente.
Al posto di due maglie rimarrà una sola maglia. - Aumentare: aggiungere una o più maglie al lavoro.
- Avviare: partire con il ferro di inizio formando le singole maglie.
- Diminuire: diminuire una o più maglie al lavoro.
- Gettare: avvolgere il filo intorno al ferro destro in senso antiorario prima
di lavorare una maglia. - Intrecciare: mettere alcuni punti sul ferro ausiliario e lavorarli successivamente
alle maglie che seguono. - Maglia: l’asola che si trova sul ferro.
- Maglia d’inizio: la prima maglia di ogni ferro.
- Maglia doppia: maglia lavorata assieme a quella immediatamente sotto di
essa. - Maglia ritorta: maglia lavorata prendendola da dietro.
- Passare: trasferire una maglia dal ferro sinistro al ferro destro senza
lavorarla. - Riprendere: lavorare le maglie lasciate in sospeso o riprendere i punti
sul ferro per lavorare un collo o un bordo. - Vivagno: la prima e l’ultima maglia di ciascun ferro.
La lavorazione a maglia nell’arte
Nella storia dell’arte, molti pittori si sono occupati di figure femminili
intente nel lavoro a maglia:
- Rolando Monti (Lavori a maglia)
- Martin Brimmer (Prima lezione di lavoro a maglia)
- Frans Pieter Lodewyk van Kuyck (Contadina che lavora a maglia aspettando
di asciugarsi al sole) - Hans Thoma (Ritratto della sorella Agata)
- Carl Spitzweg (L’incaricato che lavora a maglia)
- Albert Anker (Le piccole lavoratrici a maglia)
- Ivan Petrovich Argunov (Ritratto della contessa Tolstoy)
- Wilhelm Maria Hubertus Leibl (Ragazze di Ofenbank che lavorano a maglia).